Tra Oriente e Occidente: la Cappadocia


Dopo le luci, i rumori e il fermento di Istanbul, arriva il silenzio di un’antica terra di meditazione. il nostro percorso continua alla volta di una delle terre più misteriose e affascinanti di questa regione del mondo.

Articolo pubblicato su Terranauta

Attraverso la prima parte del nostro viaggio alla scoperta della Turchia, abbiamo esplorato e conosciuto la magica Istanbul. Ora il nostro percorso continua alla volta di una delle terre più misteriose e affascinanti di questa regione del mondo: la Cappadocia.

Partendo da Istanbul sono necessarie ben undici ore di viaggio in autobus (decisamente lussuosi) per arrivare nella “terra di bellissimi cavalli”. Si tratta infatti di attraversare gran parte dell’Anatolia Occidentale e Centrale, a volte su autostrada, altre volte su strade provinciali, e altre volte ancora su strade che sembrano quasi delle mulattiere, per arrivare in questa terra di poche centinaia di chilometri quadrati.

Il viaggio però vale la fatica. Verso le sei del mattino (le corse sono per lo più notturne) il sole sorge davanti ai nostri occhi e con lui la Cappadocia in tutto il suo splendore. Lo spettacolo è difficile da descrivere senza fargli qualche torto. La parola che viene alla mente è sicuramente “lunare”, e non a caso è qui che sono state girate alcune tra le scene più memorabili di Star Wars.

Unica al mondo, la Cappadocia presenta infatti un paesaggio fatto di valli, monti, colline in tufo completamente erose in maniera del tutto particolare. La caratteristica della zona sono sicuramente i cosiddetti “camini delle fate”, o peri bacalari in turco, ovvero coni di tufo sormontati da grosse formazioni rocciose.

Le popolazioni e le civiltà che si sono sviluppate in questa zona nel corso dei secoli hanno ovviamente sfruttato la particolare conformazione del terreno, trasformandolo e plasmandolo a loro piacimento. àcosì quindi che nasce il Museo a cielo aperto di Goreme, patrimonio dell’umanità e, nel corso dei secoli, vero e proprio monastero scavato nella roccia.

Nella valle dove si trova il museo, infatti, si trovano 30 e più chiese di diverse dimensioni oltre a stanze comuni, refettori e via dicendo, il tutto scavato nel tufo e decorato con affreschi rappresentanti i santi, Gesù Cristo e diversi personaggi appartenenti alla cultura cristiana. C’è davvero da rimanere a bocca aperta.

Ma questo non è tutto. Un terreno così friabile non è stato eroso solo in altezza, ma anche scavato in profondità. In Cappadocia, infatti, ci sono circa 35 delle così dette città sotterranee, veri e propri complessi utilizzati nei secoli come fortezze difensive.

Noi abbiamo visitato quella considerata più grande e bella: Derinkuyu, “pozzo profondo”, un immenso aglomerato di stanze, corridoi, magazzini e chiese sviluppato su 8 livelli e profondo circa 60 metri.

Si dice che potesse ospitare fino a 20.000 persone e che un cunicolo lungo circa 10 km la unisse all’insediamento sotterraneo di Kaymakli.

Camminare su e giù per le scale che uniscono i diversi livelli ed esplorare le mille stanze della città è sicuramente divertente e curioso, ma alla lunga la coscienza di trovarsi così in profondità e con un’unica via d’uscita può provocare una leggera sensazione di disagio e di oppressione. Se questo è ciò che abbiamo provato noi in circa un’ora e mezza di visita, non deve essere stato facile vivere a lungo in quelle condizioni.

Poco lontano da Derinkuyu si trova la Valle di Ihlara una sorta di Gran Canyon in miniatura, ma con in più 60 chiese scavate nella roccia e diversi cimiteri anch’essi ricavati dal tufo.

Il paesaggio che si gode dell’alto della valle è sicuramente uno dei più belli della Turchia. Non è difficile capire perché è proprio qui che meditavano molti monaci turchi dei secoli passati ed è qui che ancora oggi molti turisti giungono per passare un pomeriggio o una giornata (dipende da quanto ci si vuole inoltrare nella valle) di serenità.

Tutto ciò si sta ovviamente trasformando in turismo, in gite organizzate e in locali alla moda, soprattutto a Goreme. Fortunatamente la difficoltà di raggiungere la regione tiene i livelli di questo tipo di sviluppo ancora molto lontani dal turismo di massa a cui noi purtroppo siamo abituati.

Certo gli abitanti, come è lo stile dei turchi, hanno velocemente adattato la loro mentalità alla nuova realtà, così che gli alberghi ricavati dai bellissimi “camini delle fate” sono sempre più frequenti e attrezzati, ma basta girare un angolo o chiedere al padrone dell’hotel per tornare a scoprire sentieri non segnati, valli non abitate e costruzioni dalla forma ancora più bizzarra.

Grandi civiltà hanno quindi abitato questa regione e grandi opere vi sono state realizzate, ma la Cappadocia è in realtà molto di più di quanto le guide possono indicarvi. L’impressione è che non ci sia un angolo che non sembri essere vivo, una pietra che non possa raccontare qualche storia antica.

Ovunque si guarda vi sono colline, alcune alte, quasi delle montagne, altre basse, ma tutte accomunate da quelle finestrelle rettangolari, inusuali certo, ma in fin dei conti così ben integrate nell’orizzonte e nella roccia da cui sono ricavate da sembrare quasi naturali.

L’idea è che qui, in questo posto così deserto, ma nella realtà così fertile, in cui la vita si nasconde e si mimetizza sottoterra, a nessuno mancherà mai una casa e anche per questo “sembra di stare sulla Luna”.

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