Viaggio a Noto e dintorni

Palermo ore 8.00, Noto ore 12.00.
Questo è il tempo necessario per raggiungere Noto da Palermo. La strada è semplice, basta prendere l’A19 PA-CT ovviamente in direzione Catania ed in prossimità della città etnea fare una brusca sterzata verso Sud, direzione Siracusa. Moderate la velocità, però. Seguendo la SS115, e se sbagliate strada anche qualche SP, si arriverà a Noto.
Non aspettatevi strade a carreggiate larghe o ben messe, perché verrete delusi non appena lasciato il circondario catanese. Purtroppo non esiste un’autostrada che vi porta fin giù la Trinacria e, tranne una breve puntatina sulla Siracusa-Gela, dovrete sorbirvi un bel po’ di strade a due sensi di marcia che costeggiano paesi e contrade, anche se il panorama non è dei peggiori.

Non sperate in staccate e curvoni a folli velocità, nonché in rettilinei dove strizzare il motore. Vi consiglio, invece, un’andatura da lord inglese immerso nella macchia scozzese. Ve la godrete certamente meglio.

L’ingresso alla cittadina barocca è formato da una curva superata la quale vi è il primo approccio all’agglomerato urbano che sa un po’ di periferia. Ma essendo noi assettati di cultura e monumenti, ci è sembrato un peccato mortale attenerci alle prime impressioni.

Un loquace cartello ci dà il benvenuto e noi ricambiamo con un sorrisone 32 denti e un tanfo di ascella pezzata modello “effetto di maglietta poco traspirante su superficie impervia di sedile di utilitaria”. Un pout-porri da nulla!

Si procede in direzione Centro e si gira a destra all’altezza dei Giardini Pubblici. Arrivati alla Porta Reale, si sale a destra e si procede su via Cavour. Consiglio: prendete un B&B oppure un albergo all’interno della cittadina, perché le strutture che si definiscono â??in prossimitàâ? di Noto potranno essere fra le verdi frasche magari a qualche chilometro di distanza dal centro cittadino e quindi in una posizione poco agevole. E poi posso garantirvi che l’immagine di Noto prima di andare a letto oppure al mattino è qualcosa di spettacolare.

Arrivati al B&B giusto dietro il Municipio, facciamo le presentazioni del caso e veniamo aiutati del proprietario a salire il piccolo armamentario trasportato a forza dal capoluogo siculo. 2 valigie, 2 zaini, 2 borse e 2 marsupi. Il tutto per sopravvivere, nemmeno vivere, per un periodo di tre giorni. Giusto lo stretto indispensabile.

La stanza è soppalcata ed è una mansarda con terrazzino, niente male. Solo che dopo due giorni dovremmo lasciarla per un’altra più piccola, misteri dell’organizzazione alberghiera. Abbozziamo e andiamo, come prima cosa, a spulciarci.

La bramosia di conoscenza pervade le nostre menti e non vediamo l’ora di pranzare ed esplorare il territorio pullulante di popolazione autoctona e non.
Da non perdere, in Via Ducezio all’altezza della Chiesa del Carmine, un bel pranzo alla Trattoria del Carmine (di non troppe pretese ma di cucina veloce, economica e gustosa, provate le pappardelle alle 20 verdure la cui ricetta è segretissima) e poi una puntatina alla Pasticceria Mandolfiore proprio di fronte (patria del pistacchio, provate tutto ciò che contiene questo magico ingrediente!).

Andiamo quindi alla scoperta della città.
Prima di tutto, però, una doverosa precisazione. Probabilmente a causa dell’incessante flusso turistico oppure per via di usanze a noi sconosciute e tramandate di generazione in generazione, l’approccio dei ristoratori nonché degli albergatori alla vostra presenza sarà un po’ approssimativo, per cui non vi attendete servizio celere al ristorante, assistenza alla clientela di alto livello e accoglienza perfetta.

Tutto verrà fatto con i giusti tempi, il conto arriverà senza fretta, al bancone del bar vi troverete sfrecciare accanto i camerieri che non vi urtano solo per pochi centimetri e il vostro albergatore sarà pronto ad esaudire le vostre richieste come un ghiro a prendere lezioni di break-dance.

Capiamoci, tutto bello e comunque su qualche dettaglio si ci può passare sopra, ma dimenticate l’efficienza nordica o “il cliente ha sempre ragione”.
Per visitare Noto basta recarsi su Corso Vittorio Emanuele (chiuso al traffico) e percorrerlo lungo le due direzioni, lasciandosi ammaliare e attrarre dai monumenti che via via si presentano dinnanzi ai propri occhi.

Attenzione, però. I commercianti di Noto sanno essere amichevoli, cordiali e pronti a farvi assaggiare o ammirare le loro mercanzie, quanto inesorabili a spillarvi euro dal vostro portamonete. Dunque state attenti, date un freno alla vostra voglia di shopping altrimenti rischierete di non poter regalare la tuta spaziale a vostro figlio per Natale.
Quindi, attendere prima di fare un acquisto, verificare i prezzi da qualche altra parte e non lasciarsi trasportare dalla “simpatica” cadenza catanese del proprio interlocutore esercente.

Di cose da vedere ce n’è a bizzeffe. La pavimentazione a balate scure vi accompagnerà verso la scoperta di un bellissimo patrimonio artistico.

Iniziamo da Piazza XVI Maggio dove sulla sinistra c’è la Chiesa di San Domencio con relativo Convento adiacente, opera di Gagliardi definita da curve che le attribuiscono una particolare sensazione di leggerezza, e sulla destra il Teatro Municipale, bell’edificio neoclassico di recente restauro.

Continuando si incontrano sulla sinistra via Nicolaci, detta anche salita dell’Infiorata perché a Maggio tutta la strada viene ricoperta di fiori riproducenti un’insieme variopinto di forme e figure davvero bellissimo, e sulla destra la Chiesa di San Carlo. Davvero imperdibile la vista che offre un terrazzo al di sopra di quest’ultimo monumento. Per arrivarci, però, bisogna percorrere una stretta e molto ripida scala a chiocciola dai gradini un po’ impervi. Tragitto assolutamente vietato a chi soffre di claustrofobia.

Ma lo spettacolo di Piazza Municipio che si può ammirare dall’alto è da lasciare senza fiato. Da lì sopra si possono ammirare la Cattedrale di S.Nicolò, il Municipio, Palazzo Landolina e il Monastero di San Salvatore, praticamente la Piazza universalmente riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità. Un respiro d’arte e storia.

Scendiamo sempre dalla solita scala a chiocciola aspettando che nessuno salga e procediamo verso la Cattedrale, famosa per essere crollata e successivamente restaurata dopo lunghi lavori.

A sinistra della Cattedrale c’è Palazzo Landolina, al cui interno di contano ben 70 stanze, mentre a destra c’è il Palazzo Vescovile e la adiacente Chiesa del Monastero di San Salvatore, al di fuori della quale spiccano in maniera un po’ tetra le grate di ferro per le monache di clausura. Dinanzi alla stessa Chiesa c’è un largo spiazzo da dove si può ammirare molto bene Corso Vittorio Emanuele in tutta la sua lunghezza.

Di fronte alla Cattedrale c’è Palazzo Ducezio, armonioso complesso architettonico all’interno del quale è possibile visitare la sala degli specchi a pagamento.

Ma quello che predomina tutto è la Cattedrale di San Nicolò, una splendida struttura posizionata alla fine di un’alta scalinata.

Terminata nel 1776, la Cattedrale ha subito nel 1996 ingenti danni e parte della sua struttura è crollata. Da poco è stata riaperta al pubblico, anche se l’interno privo di affreschi lascia un po’ delusi.

L’edificio all’esterno presenta quattro statue di evangelisti e una imponente porta in bronzo raffigurante la vita di San Corrado, patrono della Città.

Di notte la scalinata viene invasa dai turisti e il colpo d’occhio è veramente impressionante.

Più avanti sulla destra c’è la Chiesa di Santa Chiara dalla cui sommità è possibile ammirare il panorama di Piazza Municipio da una diversa angolatura.

Arrivando alla fine di Corso Vittorio Emanuele si presenta davanti ai nostri occhi la Porta Reale (o Porta Nazionale) attraversando la quale si accede ai Giardini Pubblici.

Due note di colore: accanto alla Porta vi darà il benvenuto Mimì, uno strano simil-chiuaua assettato di coccole e leccornie, e, procedendo lungo il viale che porta verso il verde pubblico, non si può non fermarsi nel banchetto della frutta secca, comprando i canonici 500 grammi di pistacchi di Bronte da gustare rigorosamente passeggiando.

Prima però di passare alla descrizione dei dintorni di Noto, vorrei segnalarvi che durante il nostro tragitto strani cuccioli d’uomo hanno intersecato i nostri passi: una bimba con un uccellino in mano dal viso e dalla voce da vecchia che chiedeva un’offerta per chi sa quale incomprensibile ragione e bambini dalla pettinatura al limite della sopportabilità umana.

Dopo questa importante segnalazione, siamo già al giorno dopo. La notte è passata tranquilla e il mattino si è presentato ben caldo. Di buon mattino e dopo un’abbondante colazione, usciamo fuori i confini di Noto per andare nel punto più a Sud d’Italia dopo Lampedusa, più a Sud di Tunisi: Porto Palo, località Capo Passero.

Prendiamo la Strada Statale che procede verso Sud, sbagliamo svincolo e, arrivando quasi a Rosolini, procediamo per una strada provinciale, giungendo, dopo svariati giri automobilistici, sani e salvi a Porto Palo.
Un consiglio: se volte girare in lungo e in largo la provincia siracusana e ragusana dotatevi di un navigatore. Perché? Perché ad ogni svincolo troverete un fottione di insegne di B&B e di ristoranti e poi cartelli stradali direzionali spesso poco chiari. Perdersi e allungare di molto il proprio tragitto è semplice quanto sentire il Presidente della Regione fare lo jodel.

Arriviamo dunque a Porto Palo. La prima impressione è quella del posto di frontiera, dell’ultimo avamposto di italianità nella terra ferma, se così si può chiamare, dell’Isola Magna.

Da lì ci spostiamo verso l’Isola di Capo Passero, una lingua di terra poco distante dalla costa che si raggiunge solo a piedi, facendo circa 1 km con l’acqua che arriva fino al petto.

Si, avete capito bene. Dovrete caricarvi tipo carovana con gli zaini sulla testa e arrivare dopo qualche minuto sull’isolotto. La scena è quasi biblica e le battute sull’arrivo nella Terra Promessa, le canzoni tipo “laggiù nella Palestina” oppure le frasi mistiche alla Mosè si sciupano copiose.

Incrociando le altre persone che fanno il medesimo tragitto nella direzione contraria, gli sguardi sono un misto di sfottò e mero cameratismo. Arrivati sull’isola si trova un acqua cristallina, una spiaggia pulita, l’immagine della Sicilia a portata di mano e, dopo un po’, si realizza che se il mare si ingrossa, con molta probabilità, si dovrà rimanere lì, cibandosi di radici e arbusti.

Preferiamo raggiungere la costa sicula dopo qualche ora, avendo cura, visto il tragitto bagnato ben più su della cintura, di attendere almeno due ore dal pasto più vicino.

Andiamo, quindi, all’isola delle Correnti, lì dove si incontrano Mar Mediterraneo e Mar Ionio.

Appena arrivati una scena dantesca si presenta davanti ai nostri occhi.

Una sperduta isola collegata alla terra ferma (sempre per dire ovviamente) solo da uno stretto passaggio fatto da scogli sommersi. Da una parte uno stuolo di bagnanti, dall’altra un medesimo stuolo. Sembra l’Inferno con le anime che attendono di varcare la soglia, non esagero.

Vicino all’isola si può notare un fenomeno stranissimo: a sinistra lo Ionio calmo, mentre a destra il Mediterraneo pieno di onde. Pazzesco, in alcuni punti il mare forma anche vortici, si deve vedere coi propri occhi.

Lasciamo lo stupore in loco e ritorniamo sui nostri passi, stanchi ma soddisfatti. Decide di farci compagnia anche un simpatico cagnolino di nome Mira che zompa e saltella per tutta la spiaggia alla ricerca di nuovi amici.

Ritorniamo al campo base a Noto, il tempo di un colpo di carta vetrata alle carni e via direzione Marzamemi, località carina e colma di gente. Degna di nota la Tonnara, molto pittoresca e piena di musica e odori. Facciamo un saltino anche nelle bancarelle dell’artigianato locale di strani individui modello comune anni 70. La mia compagna decide di acquistare diversi monili fatti a mano, dopo un’oculata scelta dal sapore tutto femminile.

Lasciamo Marzamemi e andiamo a nanna.

L’indomani mattina basta un raggio di sole per farci alzare e preparare per le prossima tappe: riserva di Vendicari, area archeologica di Eloro e Lido di Noto.

Raggiungendo la riserva di Vendicari si posteggia alla modica cifra di 3,00 Euro e, superato l’ingresso dove si viene censiti, si cammina lungo un sentiero polveroso dopo il quale, sorpassate alcune saline in disuso, si accede alla spiaggia.

Il sito non è molto attraente e, rispetto a quello che si dice, è un’oasi di tranquillità ma niente di più. La natura incontaminata ti accarezza con un costante volo d’api sulla propria epidermide che, visto la mia fobia per questa specie di insetto, mi regala attimi di gioia indescrivibili.

Dopo un bagnetto veloce, decidiamo di comune accordo di raggiungere quanto prima l’area di Eloro, nota per i suoi scavi archeologici.

Dopo diversi chilometri, strade sterrate e improbabili lingue d’asfalto, raggiungiamo un cancello probabilmente del tardo Cretaceo sul quale è appeso un cartello che riporta una scritta che, tradotta dall’antico egizio, dice: “orario al pubblico dalle 9.00 alle 13.00″.

Essendo le 16.00, desistiamo nostro malgrado.

Optiamo per il Lido di Noto, da tutti declamato come oasi di vita e mare pulito. Francamente, non ci è sembrato tutto questo gran ché, il mare era sicuramente pulito ma l’Isola di Capo Passero ne fa dieci (non me ne vogliano i residenti).

Passiamo l’ultima sera a Noto.

Cercare il sabato sera una pizzeria/trattoria a Noto con tavoli liberi è come cercare un postino nella foresta Amazzonica.

Considerate pure che i ristoratori non provano nemmeno a cercare una soluzione al tuo problema di cibo, non c’è posto e basta. Provate più tardi, girate un po’, fate voi insomma.

O si cena con prodotti da banco acquistati a caro prezzo presso i bar oppure, utilizzando artefici palermitani che non sto qui a descrivervi, si riesce ad impietosire il cameriere di turno che, utilizzando un inusuale spirito di iniziativa, riesce a rifocillarci in un tempo accettabile (1 ora e mezza).

L’ultima sera a Noto passa velocemente tra granite servite al bar (le brioche che l’accompagnano sono veramente gigantesche nella più classica delle tradizioni catanesi) e sghignazzamenti vari.

L’indomani mattina, comprato il pranzo e finito di stipare la macchina fino all’inverosimile con bagagli e regali, ci incamminiamo verso Palermo.

Stanchi ma felici, pieni di cose belle viste e di immagini stupende.

Mentre la strada scorre veloce sotto la nostra auto, alcuni flash ci trasportano lì, verso quella parte della nostra terra che tutti dovrebbero visitare, perché, come disse qualcuno, la Sicilia è issima, può essere bruttissima, può essere bellissima.
Questa volta abbiamo scelto la seconda parte.

Francesco & Rosita

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